
io non sento niente
Io non sento niente
Oggi vi racconto la storia di una mia Cliente e del processo trasfrormativo che abbiamo realizzato insieme in un percorso dei miei programmi di guarigione emotiva.
C. è arrivata da me dicendomi questa frase “io non sento niente, non provo più sensazioni ne emozioni”.
Quando subiamo un trauma, una perdita, un cambiamento improvviso o semplicemente abbiamo vissuto un esperienza che ci ha lasciato emozioni sgradevoli. Il nostro corpo accusa il colpo e in qualche modo ci dice: ”be preferisco non sentire nulla piuttosto che rivivere quel dolore”.
Ecco perché C. non sentiva più niente. Aveva bloccato le sue emozioni dolorose e così facendo anche quelle piacevoli. Insieme abbiamo fatto un percorso del metodo fan e dopo 10 incontri era riuscita a contattare la sua tristezza. Questo è stato il primo passo
verso la conoscenza di se e delle sue emozioni che l’hanno portata pian piano a rendersi più consapevole di quello che stava accadendo dentro di se e sensibile nuovamente alle sensazioni nel corpo e poi alle emozioni.
Il lavoro è stato intenso ma ora oltre che a sentire nuovamente il suo corpo, ha imparato ad accettare anche le emozioni come la tristezza. Perchè per ricominciare a sentire dobbiamo prima imparare ad accettarci cosi come siamo. Allora possiamo ricominciare a dire “io sento”, io “mi sento”!
Che cosa era accaduto a C.
Le terapie analitiche e psicoterapiche ci hanno insegnato che per capire il trauma dobbiamo andare alla ricerca di esperienze passate della nostra infanzia. Nel gestalt counseling invece non facciamo analisi ma stiamo nel qui edora insieme al sintomo. Il sintomo è la sede del malessere, ma li, possiamo anche trovare il significato! Il sintomo è la manifestazione del sentire.
Quando arrivò, chiesi a C. di disegnare il suo corpo, volevo capire come si percepiva, come si vedeva. Mi sorprese perchè si disegnò senza occhi. Era un corpo con un volto senza occhi. Quello era il suo modo di dirmi che lei non si vedeva. Non riusciva a percepirsi. Ecco cosa significava il suo “io non sento niente”. Così facendo negava a se stessa il contatto profondo con le sue emozioni.
Guardare le sue emozioni per lei avrebbe significato affrontare quella tristezza dolorosa che le compariva in determinati momenti della vita. Lei preferiva non guardarla piuttosto che sentirne il dolore. Ma cosi facendo non permetteva a se stessa nemmeno di provare altro tipo di sensazioni.
Alla fine dei 10 incontri le feci rifare lo stesso disegno e mi ricordo come fu straordinario vedere che si disegnò con gli occhi. Era accaduta una magia. Lei era riuscita ad accettare la sua tristezza come parte importante della sua vita.
Non importa dove sia nato quel sentimento, in quale momento della vita. Quello che importa è cosa poteva farci con quella tristezza e come poteva gestirla quando sarebbe arrivata nuovamente?